Stand exhibition design: cosa è cambiato (e perché non possiamo più rimandare) - Weagroup

Tempo di lettura 5 minuti, 58 secondi

Stand exhibition design: cosa è cambiato (e perché non possiamo più rimandare)

Non ci stanchiamo mai di dirlo: la progettazione di stand fieristici non è più un’attività funzionale solo alla presentazione del prodotto nelle occasioni imperdibili per il proprio settore di riferimento. Oggi rappresenta un pezzo fondamentale nel marketing mix di un’azienda, uno dei più importanti punti d’incontro tra il brand e il cliente. Non basta più esserci, quindi. Serve fare proprie le logiche tipiche del branding e creare qualcosa di assolutamente distintivo e posizionante, con in mente il business e la visione strategica che va ben oltre lo stand stesso.

Il punto di svolta dell’exhibition design contemporaneo

Siamo tornati da poco dal TuttoFood, una delle tante fiere dove quest’anno siamo sati presenti a supporto dei nostri clienti (SIGEP, Vinitaly e Cosmoprof). Tanti gli spunti e gli stimoli, soprattutto intorno al tema dell’evoluzione dell’exhibition design, di cui oggi vorrei proporvi alcuni ragionamenti.

Riassumere la storia delle fiere, e delle rivoluzioni che queste hanno subito nel corso del tempo, sarebbe impossibile in questa sede. Quello che mi interessa però è fissare la vostra attenzione su un particolare cambiamento, che ha stravolto completamente le regole del gioco. O meglio, un cambio di passo che ha riguardato tutti i grandi settori, esclusa la moda, che da sempre ha fatto della bellezza ingegneristica ed estetica un punto di riferimento per la progettazione dei propri eventi.

Vanto e vanità hanno sempre avuto un ruolo primario nelle fiere della moda, ma non possiamo certo dire lo stesso per il food e il beverage. O quantomeno, non potevamo dirlo a qualche anno fa, quando alcuni dei grandi brand hanno scelto uscire dalla logica dell’esserci-per-esserci, e hanno scoperto il piacere di raccontarsi in modo affascinante, creando per la fiera un percorso percettivo completamente diverso.

Quindi l’approccio è completamente cambiato? Non direi, non tutti i brand hanno accolto l’evoluzione appieno, e in molti casi la fiera viene percepita ancora come una sorta di dovere, un’occasione legata alla promozione del prodotto, che dovrebbe essere di per sé bastevole per la buona riuscita dell’attività.

Non è più possibile però immaginare di rimanere fissi su principi superati. Oggi lo stand deve essere pensato come uno strumento di comunicazione fondamentale, e progettato secondo le regole dell’exhibition design contemporaneo.

Un percorso difficile? Sì. Possibile? Certamente. Un dovere? Se non vogliamo rischiare l’anonimato, assolutamente sì.

Il progetto si fa strategico

È nella fase della progettazione che si gioca gran parte della nostra partita. Andare oltre le semplici logiche di allestimento, e prevedere un lavoro “scientifico”, fatto di ricerca d’immagine, definizione degli elementi distintivi del brand, analisi dei flussi e della fruizione degli ambienti, permette di definire un’esperienza percettiva di tutt’altro livello.

L’identità di marca, a patto di averla già definita, deve uscire in ogni punto dello stand, creando un percorso immersivo per la conoscenza del brand e della sua offerta, che non può fermarsi solo al prodotto. Proprio come accade nelle fiere di moda, dove la nuova collezione riesce a emergere in tutta la sua carica esplosiva anche grazie al contesto che le sta intorno e allo storytelling scenografico che la accompagna.

La logica, in fin dei conti, è quella più banale del marketing: per emergere bisogna essere identitari, riconoscibili e soprattutto memorabili. Un concetto tanto semplice quanto nuovo, o meglio dire contemporaneo, per l’exhibition design, spesso ancora troppo legato a intenti puramente commerciali e di vendita.

Ma basta frequentare una qualunque fiera per capire quanto oggi sia diventato fondamentale prendersi il tempo e lo spazio per una progettazione capace di trasmettere il reale valore del brand. Non consideriamo quindi “accessori” elementi come la progettazione grafica ed estetica, la scelta della giusta illuminazione e degli elementi decorativi, la definizione degli arredi tecnici e delle aree espositive, il visual merchandising e un’infinità di altri elementi, da studiare su misura di volta in volta.

Prendiamoci il tempo di progettare

Ci tengo a sottolineare un ultimo punto. Per progettare uno stand, con in mente il business e i reali obiettivi dell’azienda, è fondamentale prendersi tempo e dare finalmente spazio alla creatività e alla lucidità di pensiero.

In un’epoca fatta di continue accelerazioni e cambiamenti repentini, riuscire a leggere il proprio periodo storico e continuare a innovarsi non può convivere con la fretta. E no, non ci sono scorciatoie, nemmeno per il design dello stand. Sia chiaro, non stiamo certo parlando di tempi infiniti o budget proibitivi, ma di un nuovo approccio ben più utile e vantaggioso rispetto all’allestimento standardizzato.

Serve tempo quindi, ma anche tanta competenza, per creare un percorso percettivo indimenticabile verso la marca, da rappresentare in tutta la sua potenza anche nello stand in fiera.

Vai al weajournal

Blog

SCOPRI I NOSTRI SERVIZI