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Tra gli atteggiamenti apocalittici e l’entusiasmo senza confini, l’intelligenza artificiale è diventata ormai l’argomento di tante pause caffè e meeting aziendali. Propongo però una riflessione, un momento di pausa dallo scontro ideologico, che non permette di cogliere davvero le potenzialità di questo strumento, destinato a cambiare il nostro modo di lavorare. Appena cinque minuti, il tempo di lettura di questo articolo, per provare a capire senza pregiudizi cos’è davvero l’AI generativa e quale impatto avrà sulla nostra creatività.
Partiamo quindi dalla definizione: l’intelligenza artificiale generativa è una forma particolare di machine learning, in grado di generare testi, immagini, video, webapp e molto altro, a partire da domande o richieste, i cosiddetti prompt. Una forma avanzata di AI, addestrata a partire da un vasto insieme di dati e informazioni, grazie ai quali lo strumento riesce a generare autonomamente contenuti creativi unici e autentici.
Se ne parla moltissimo negli ultimi mesi, soprattutto a causa delle novità presentate da OpenAI, l’organizzazione che ha creato ChatGPT, GPT-4 e DALL·E, alcuni tra i modelli di AI più sofisticati in circolazione, insieme a Midjourney, Google Bard, e Bing Chat. Ma cosa la rende così interessante? In che modo si differenzia da altre forme di intelligenza artificiale che utilizziamo tutti i giorni da anni, come chatbot o assistenti vocali? Semplificando al massimo, se l’AI in genere imita l’intelligenza umana per eseguire determinati compiti, perlopiù meccanici, nella sua versione generativa riesce a riprodurre veri e propri contenuti creativi, e lo fa ad una velocità a dir poco impressionante.
Ed è proprio l’ingresso dell’AI nell’ambito della creatività ad aver creato scompiglio nell’opinione pubblica. La capacità di immaginare, progettare e creare è la più alta facoltà della nostra ragione, ciò che ci libera dal mero istinto di sopravvivenza e ci eleva. È il desiderio umano di essere, e non solo esistere. Come può una macchina imitare tutto questo? Quali implicazioni etiche ed esistenziali comporterà una rivoluzione simile?
Tutte domande lecite e oserei dire fondamentali, che sono certo caratterizzeranno il dibattito pubblico a lungo, almeno fino a quando l’impianto legislativo non fornirà una direzione unica e universale. Vorrei però focalizzare la vostra attenzione sull’aspetto che considero senza dubbio più interessante: in che modo l’intelligenza artificiale generativa cambierà la nostra creatività?
L’intelligenza artificiale impara dalle cose umane, apprende e immagazzina tutto ciò che l’uomo ha già prodotto, per farne qualcosa di nuovo, esclusivo. Niente che gli artisti e i creativi non facciano già da secoli, perché in fondo ogni nostra creazione deriva da un “furto”, o meglio da tanti piccoli furti di idee, che abbinate tra loro in un modo assolutamente inedito, danno vita a qualcosa di innovativo.
L’enorme differenza qui sta quindi nella velocità e nella potenza di calcolo. Oggi l’intelligenza artificiale è in grado di creare da zero un testo, un’immagine o un video in pochi minuti o addirittura secondi. Tempi assolutamente proibitivi anche per il più geniale degli esseri umani.
L’uomo dunque è spacciato? Direi proprio di no. Anzi, coloro che impareranno a governare l’AI e sapranno individuare i giusti prompt, potranno accrescere esponenzialmente le proprie capacità creative.
Difficile a questo punto non riconoscere le enormi opportunità che l’intelligenza artificiale generativa offre alla comunicazione e al marketing on e off line. Ma questo solo a patto di riuscire a utilizzare i tool con consapevolezza, sviluppando capacità di prompt design tanto con lo studio, quanto con l’esperienza.
Si tratta infatti di una “scienza” ancora tutta da costruire, che richiede competenze di comunicazione e ragionamento a monte, consolidate nel tempo. La qualità dell’output che riceviamo dipende tutta dal prompt fornito, che deve essere completo di contesto e istruzioni chiare e approfondite, per generare risposte utili e interessanti. Non basta avere una domanda quindi, ma è necessario saper porre la giusta domanda.
Una sottile quanto fondamentale differenza, che solo la nostra insostituibile intelligenza emotiva può dare.