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In un modo tutto nuovo nell’intendere la comunicazione online, le stories, disponibili su piattaforme come Instagram, Facebook e Linkedin, diventano strumenti chiave per fare storytelling sui social e raccontare i valori e le esperienze del proprio brand. Se gestite in maniera corretta possono aumentare l’interazione e la brand awareness integrandosi all’interno della narrazione di marca.
Era il 2013 quando la possibilità di creare e condividere contenuti effimeri della durata di qualche decina di secondi, che noi oggi chiamiamo comunemente “storie”, approdava su Snapchat. Filtri, effetti e morphing trasformavano e sostituivano i visi degli utenti creando un coinvolgimento personalizzato.
Questa funzionalità non poteva di certo passare inosservata agli occhi di Mark Zuckerberg, che nel 2016 inaugura le Instagram Stories all’interno della piattaforma per poi implementarla anche su Facebook e WhatsApp nel febbraio del 2017.
Cosa aveva visto di speciale Mark Zuckerberg nelle stories? Trattandosi di contenuti che possono essere visualizzati entro le 24 ore, creano di fatto urgenza sulla loro fruizione mettendo in moto un processo in cui gli utenti, per non perdere l’ultima story condivisa da amici, influencer o brand, accedono in continuazione e aumentando così la loro permanenza sui social media.
Funzionalità analoghe sono poi arrivate anche su Messenger, su YouTube e su Linkedin, ad ottobre 2020 (dopo una prima versione test nel 2018).
Quest’ultima introduzione, proprio all’interno della piattaforma social dedicata al mondo del business e del lavoro, è davvero significativa e sdogana un tipo di comunicazione che per molti apparteneva solo ai nativi digitali.
Dal loro arrivo su Snapchat e poi sulle altre piattaforme, le stories hanno conquistato il cuore degli utenti per la loro facilità di creazione e fruizione. Condividere la propria vita e le proprie esperienze in poco più di dieci secondi non è mai stato così semplice e divertente, grazie alla possibilità di personalizzare i propri contenuti con foto e video, tag e gif, filtri e musica.
I brand possono rimanere indifferenti a una narrazione che vive di personalizzazione, immediatezza, spontaneità, curiosità e interattività? La risposta ovviamente è no: realizzare uno storytelling sui social media attraverso le storie è un’opportunità che non possiamo perdere.
Le stories, già dal nome, si presentano come strumenti necessari per raccontare una storia, moltiplicando e offrendo nuove occasioni per fare brand storytelling sui social media. Gli obiettivi e le peculiarità della narrazione di marca trovano vita anche nella comunicazione social aziendale. Come ogni media, però, occorre comprendere al meglio le differenze che ogni canale propone nelle sue feature, target e modalità di linguaggio e questo vale anche per le stories delle diverse piattaforme citate in precedenza. Più saremo avvincenti nel raccontare la nostra storia, più faremo innamorare gli utenti del nostro brand, i quali potranno diventare a loro volta nuovi narratori.
In un mondo che si confronta con l’effimerità di contenuti “usa e getta” e sempre più brevi, come è possibile fare breccia nei cuori dei nostri (futuri) clienti? Arrivando dritti al punto, creando un motivo per continuare a seguire la storia narrata e, soprattutto, comunicando messaggi autentici.
La risposta parrebbe semplice, ma non lo è.
Solo su Instagram e nel mondo, sono oltre 500 milioni gli account che usano le stories: un terzo delle storie più visualizzate riguarda le aziende e una su cinque riesce ad ingaggiare l’utente tramite messaggio diretto. Numeri importanti che non possono essere di certo ignorati e che fanno riflettere sull’apprezzamento ormai conclamato di questa funzionalità.
Condividere una story è facile e veloce se sei un utente che usa i social nel proprio tempo libero, viceversa non è possibile affermare lo stesso se si parla di un’azienda. Cadute di stile, troppa informalità, scarsa qualità dei contenuti e improvvisazione non sono di certo ammessi se parliamo di brand. Il rischio chiaramente è quello di danneggiare la brand awareness, ma anche di raccontare una storia incongrua con la personalità del marchio e rendere difficile la possibilità di trasformare la relazione con il brand in “scelte d’acquisto”.
Le stories possono essere utili per raccontare un evento, magari dal backstage, o creare suspense anticipando iniziative e prodotti, ma se si tratta di questo il rischio di diventare troppo autoreferenziali è elevato. Conviene riflettere, invece, sulle feature che creano interazione, sulla viralità e sulle infinite possibilità di condividere con gli utenti contenuti di valore per generare experience.
Ciò nella pratica può prendere vita in diverse forme: per esempio, su Instagram le stories possono essere sfruttate per dare vita a challange e a sondaggi, proporre brevi tutorial e ricondividere gli user generated content; su Facebook possiamo proporre dei contenuti emozionali e su Linkedin è possibile offrire contenuti educational in versione più snackable e che invoglino l’utente ad approfondire sul profilo o sul sito.
È importante però tenere in considerazione un elemento: le stories sono solo un capitolo dello storytelling che possiamo fare sui social, uno strumento in più che ci permette di raccontare un pezzo della nostra storia. Una buona comunicazione, per essere realmente efficace, deve essere perfettamente integrata: post, live streaming, video, campagne pubblicitarie, packaging, sito, brochure e molto altro, tutto deve funzionare in armonia, rispettando parità ma anche contemporaneità di utilizzo. Da dove cominciare quindi per creare delle stories di marca? Dalla fine, dagli obiettivi e dall’immagine che vogliamo che i consumatori abbiano del nostro brand.